Il microbiota intestinale è oggetto di un numero sempre crescente di studi che lo mettono in correlazione con specialità mediche diversissime quanto correlate tra loro: Gastroenterologia, Cardiologia, Neurologia, Psichiatria, Odontoiatria, Oncologia, Endocrinologia e Metabolismo. Ed è proprio nell'ambito della lotta contro l'obesità ("piaga del III Millennio") che il microbiota intestinale può aiutarci tantissimo. I soggetti obesi, infatti, presentano tipicamente un rapporto tra i due più importanti generi batterici intestinali (Firmicutes/Bacteroidetes) ALTO, il che implica:
Disbiosi fermentativa, da cui il gonfiore addominale, le alterazioni dell'alvo tipicamente in senso diarroico, presenza di meteorismo.
Capacità del microbiota di aumentare l'estrazione calorica dal cibo. Inevitabilmente, questo implica un aumento di peso o la difficoltà a perderne.
La disbiosi intestinale genera e/o mantiene un alto profilo infiammatorio. Così diventa sempre più difficile uscire dalla situazione di insulino-resistenza che caratterizza l'obesità.
L'alterazione quali-quantitativa del microbiota può riguardare anche generi batterici protettivi del fegato, da cui aumento di steatosi epatica, anche negli astemi.
I batteri intestinali sono in grado di influenzare le nostre scelte alimentari, perchè da queste dipende il loro nutrimento. Ecco un altro aspetto che ci lega al fenotipo obeso e che viene difficile contrastare se non ne conosciamo l'origine.
Il microbiota intestinale è un organo vero e proprio e come tale ha metodiche analitiche e terapie dedicate che possono essere nutrizionali, batteriche, fitoterapiche e farmacologiche. Analizzare il microbiota intestinale permette di:
Individuare una disbiosi, che è la patologia dell'organo microbiota. Questo permette anche di conoscere come e quanto la disbiosi contribuisca alla malattia sistemica del paziente.
Impostare una terapia specifica per quel paziente. Questo è possibile solo solo se si ha una certezza della disbiosi. Per poter creare una terapia "sartoriale" per il paziente, finalizzata a ridurre il contributo che quella disbiosi dà alla patologia del paziente, occorre sapere col 100% di certezza quali microrganismi sono in eccesso o in difetto e in che misura lo sono.
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